IL GATTO PUFFI
Puffi era un piccolo gatto randagio. Era nato, assieme ad
altri quattro fratelli, nella periferia di una grande città. Sua madre allevava
i micini con grande cura, li allattava, li puliva, li educava, insomma loro non
si dovevano preoccupare di nulla.
Avevano appena due mesi quando la madre, che era andata in cerca di cibo,
attraversando la strada, venne investita da un’auto e morì. I poveri gattini
rimasero così soli e privi di ogni sostentamento: come avrebbero fatto a
procurarsi il cibo essendo ancora tanto piccoli, chi li avrebbe difesi dai
tanti cani che infestavano la periferia, dove sarebbero andati a dormire? I cinque
fratelli decisero di dividersi per tentare la sorte.
Il gatto Puffi, cercando tra i rifiuti, riusciva a stento a
procurarsi il cibo quotidiano, era molto magro e sempre preoccupato per il suo
futuro.
Un giorno, mentre tornava da scuola, una bambina lo vide,
lo prese e lo portò nella sua casa. Da quel momento la vita del gatto Puffi
cambiò radicalmente.
Finalmente poteva stare al calduccio, avere latte e cibo in abbondanza, giocare con la sua padroncina.
Erano passati alcuni mesi e il gatto Puffi cresceva a vista d’occhio, ma cominciava ad
essere insofferente di quella vita che, senza dubbio, offriva molti vantaggi,
ma era molto monotona e poi doveva stare sempre chiuso in
quella stanza e la mattina era sempre solo perché la sua padroncina era a
scuola.
Gli mancavano i suoi fratelli, i grandi spazi vuoti, le corse
sui prati, gli odori e i profumi della campagna, il sole, il vento, la pioggia.
Un giorno, approfittando di una disattenzione della sua
padroncina che aveva lasciato la porta socchiusa, scappò da quella gabbia
dorata deciso a riprendere la sua vita di gatto randagio là dove era nato e,
mentre camminava, pensava a tutto quello che aveva lasciato, ma non aveva
nessun rimpianto perché aveva riacquistato il bene più grande a cui aspira
ogni essere vivente, la libertà.
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